Il contact network tracing degli OTT

Il contact network tracing degli Over-The-Top

Come andiamo ripetendo spasmodicamente ormai da mesi per frenare il contagio servono i dati. Questi dati sono già disponibili presso gli over-the-top con i quali interagiamo tutti i giorni, per mezzo dei quali intermediamo le nostre relazioni sociali.

Facebook e Google hanno recentemente avviato non soltalto il rilascio (dietro richiesta, e nel caso di Facebook anche di pagamento) di questi dati ma hanno messo su piattaforme di intelligenza artificiale, creato modelli neurali e predittivi, grazie anche al deep machine learning, per allenare e perfezionare questi modelli a fini previsionali (forecast) per prevedere dove potranno svilupparsi nuovi focolai e istruire, addestrare e perfezionare i propri modelli predittivi.

Tutto ciò è ancora più pregante se riferito allo studio recentemente pubblicato su Science secondo il quale le dinamiche di diffusione non sono tanto legate da persona a persona ma vanno individuate per cluster, andando a cercare i super diffusori, individui fortemente contagiosi che infettano il proprio network di contatti:

SARS-CoV-2 non si diffonde nella popolazione in modo uniforme ma a grappoli. Nello studio di Science, infatti, mentre il 70% delle persone risultate positive non ha contagiato nessun altro, il 60% di tutti i contagi è riconducibile ad appena l’8% degli infetti.

La strategia di Facebook

È possibile localizzare l’incubazione del virus con 14 giorni di anticipo, ma dovete pagare. Con addirittura allegato anche la bozza di contratto. Come spiegano da Menlo Park è possibile calcolare con estrema precisione il configurarsi delle condizioni epidemiologiche e cliniche di un possibile centro di incubazione del virus, con un anticipo che varia dai 14 ai 20 giorni, integrando anche i tempi di evoluzione del contagio. Un tempo che permetterebbe , sul territorio, di predisporre l’accoglienza delle strutture mediche, oltre che di allertare reti decentrate, dai medici alle farmacie, ai centri per i tamponi, in modo da poter fronteggiare la spallata dell’epidemia.

Facebook illustra come sia possibile prevenire ogni emergenza improvvisa “combinando reti neurali ricorrenti con un modello autoregressivo vettoriale”. Inoltre, aggiungono gli addetti commerciali del social per invogliare i compratori, “addestriamo il modello congiunto con uno specifico schema di regolarizzazione che aumenta l’accoppiamento fra le regioni”. Un sistema che, come riconoscono esplicitamente gli stessi venditori, è simile all’uso del modello di casualità di Granger come bias relazionale induttivo. Al netto del latinorum informatico , tutto questo sfoggio di calcolo matematico comunque è basato ed alimentato sulla massa di dati provenienti al social da ogni singolo utente di quell’area geografica, o comunque connesso e collegato a quel territorio, ossia un patrimonio relazionale di cui facebook ha parzialmente l’uso ma sicuramente non la proprietà e tanto meno la possibilità di rivenderlo a terzi.
Ma in questa fase forse fra il dito e la luna è bene guardare innanzitutto al bersaglio grosso: facebook ci informa che da almeno vari mesi sta accumulando capacità per georeferenziare in anticipo la dinamica della pandemia, mostrandoci anche dove ha condotto i suoi esperimenti, travestiti da missioni umanitarie, ovviamente nei paesi africani (https://data.humdata.org/event/covid-19 ) dove sono stati tarati gli algoritmi e collaudati i sistemi di calcolo.

È possibile leggere l’articolo completo “Autoregressione relazionale neurale per previsioni COVID-19 ad alta risoluzione” qui mentre a questo link è possibile leggere il paper scientifico con la metodologia applicata i modelli predittivi utilizzati nello studio.

 

 

 

La mossa di Google

Google dal canto suo ha finanziato con 1 mln di dollari il progetto COVID-cast realizzato dalla Carnegie Mellon University, nel quale, in modo analogo a quanto fatto da Facebook, ma con ancora maggior dettaglio (sia chiaro entrambi dispongono pressapoco della medesima base di dati ma non tutti vengono resi pubblici) mostra sulla mappa (per il momento limitata agli Stati Uniti) le zone a rischio di contagio con tanto di indicatori suddivisi in tre macrocategorie:

Comportamento Pubblico:

In questa categoria troviamo gli indicatori sulla mobilità, andando a dettagliare chi è stato fuori casa tra le 3 e le 6 ore e chi in modo superiore alle 6 ore, chi indossa le mascherine e finanche le ricerche covid-correlate fatte dagli utenti sul motore di ricerca.

Indicatori iniziali:

Ricadono in questa categoria le visite fatte presso gli studi medici, i sintomi percepiti a livello di singolo individuo e di comunità.

Indicatori tardivi:

Quo troviamo le positività ai tamponi, i ricoveri ospedialieri, i casi di morti e di infezioni covid correlate.

La dashboard con i dati, anche scaricabili è raggiungibile qui.