Recensione di Gianni Marchetto

Ben scavato vecchia talpa…

Recensione di Gianni Marchetto al libro di Michele Mezza: “Il contagio dell’algoritmo”

A leggere il recente libro di Michele Mezza, “Il contagio dell’algoritmo” mi sono venuti in mente i miei ricordi (piuttosto antichi) di operaio alla FIAT e funzionario della FIOM alla FIAT di Mirafiori, negli anni ’60 e ’70.

Allora alla FIAT gli Uffici Analisi Lavoro e Tempi e Metodi per progettare le mansioni dei lavoratori usavano l’MTM Methods Time Measurement (Misura Tempi e Metodi), la FIAT ne aveva fatto una semplificazione nel TMC (Tempi e Metodi Composti), erano istruzioni dettagliatissime: per progettare un minuto di lavoro occorrevano 8 ore di progettazione da parte di un cronometrista! – chi li progettava? I cronometristi i quali dovevano rispettare il 133 di rendimento (era il limite massimo di sfruttamento delle “braccia” di un operaio) – quale ipotesi di uomo avevano in mente questi cronometristi? Un uomo medio (come ben si sa, inesistente), come aveva ben descritto Cesare Musatti il più grande psicoanalista italiano allora direttore del Centro di Psicologia del lavoro alla Olivetti, in un suo articolo nel 1943, pubblicato solo nei primi anni ’60!.

Qual era il comportamento dei Delegati sindacali di allora: la maggioranza di questi si era posizionata “sull’uomo in più”: attraverso la propria esperienza e verificate le condizioni di lavoro dei lavoratori posizionati nelle catene di montaggio e verificate le stazioni con maggiore sofferenza, andavano a contrattare nei confronti della gerarchia di officina, appunto “l’uomo in più” = un aumento dell’organico – nel caso di un diniego della gerarchia di officina, scattava lo sciopero fino a che non si raggiungeva il risultato richiesto.

Alcuni altri compagni (tra questi un mio amico: Cesare Cosi, Delegato della Meccanica di Mirafiori), oltre a questo richiedevano pure la “trasparenza” del modello che la FIAT (mediante i suoi cronometristi) riteneva “l’unico e scientifico”. Quel tanto che in una sede sindacale di fabbrica c’erano dei faldoni contenenti tutte le informazioni sui “tempi di lavoro” che erano negli uffici Analisi Lavoro e Tempi e Metodi della FIAT, e a contrattazione avvenuta venivano modificati tutte le informazioni lì contenute. Un processo, quindi di “riappropriazione degli elementi tecnico-scientifici” in mano al padrone. La strategia “dell’uomo in più” era fondata solo sui rapporti di forza e fu fruttuosa fino a quando questi si espressero. Con la sconfitta dell’ottobre ’80….

Nella lettura del libro di Michele Mezza compare sempre la parola “negoziazione” a proposito degli “algoritmi”, mi pare più che giusta e azzeccata.

Mi pare però che occorra spiegare bene cos’è un algoritmo:

Dal punto di vista dell’esecutore, l’algoritmo è la sequenza delle operazioni da compiere. In un algoritmo ci sono caratteristiche basilari che devono essere rispettate in ogni caso, e sono:

  • Un algoritmo deve essere composto da un numero finito di istruzioni, e deve presentare un punto d’inizio dove comincia il procedimento risolutivo e un punto di fine raggiunto il quale si interrompe l’esecuzione delle istruzioni;
  • Deve essere completo ed esaustivo nel senso che per tutti i casi che si possono verificare durante l’esecuzione deve essere indicata la soluzione da seguire;
  • Deve essere riproducibile: ogni successiva esecuzione dello stesso algoritmo con i medesimi dati iniziali deve produrre sempre i medesimi risultati finali.

 

A maggio del 2018, ho potuto vedere nel concreto in una fabbrica della FIAT IVECO di Torino, qual era la situazione:

  • Una fabbrica di 1.400 tra operai e impiegati, produzione di motori per autobus, movimento terra, trattori, ecc., del tutto innovata, con l’introduzione del WCM e del metodo OCRA in tutti i cicli di lavorazione – una fabbrica come una “stalla modello” come ebbe a dire con acuta preveggenza il mio maestro Professore di Psicologia del Lavoro Ivar Oddone (ex partigiano e medico), nella Dispensa Ambiente di Lavoro nel 1968 (a cura della FIOM CGIL), autentica “bibbia” per me e per migliaia di Delegati per tutti gli anni ’70.
  • I tempi lavoro vanno da 66 secondi al montaggio teste motori, fino a 2 minuti e 46 secondi al montaggio motori. Il tutto si svolge in catene di montaggio, con 30 minuti/giorno di pausa.
  • “Stalla modello” perché “buoi” erano considerati allora gli operai e buoi ancora adesso!
  • I famosi algoritmi governano il tutto, attraverso istruzioni che compaiono su dei video posizionati a fronte di ogni addetto il quale non può in nessun modo variare l’esecuzione pena il blocco delle operazioni e l’intervento della gerarchia di officina a partire dai Team Leader. Il tutto quindi fortemente preordinato. So che in altre aziende “innovate” (in Messico e in Cina) le istruzioni vengono date attraverso degli “ologrammi” (sono dei simil-operai) che compaiono davanti ad ogni operatore a cui occorre copiare i gesti che questo ologramma esegue (gli operai come replicanti!).

 

L’ipotesi di uomo che governa il tutto è “un uomo ad una dimensione”, come ebbe dire in un suo famoso libro della fine degli anni ’60 Herbert Marcuse:

  • Così come nella società, fuori dai luoghi di lavoro abbiamo L’uomo a una dimensione: «Una confortevole, levigata, ragionevole, democratica non-libertà prevale nella civiltà industriale avanzata, segno del progresso tecnico»;
  • È questo un Marcuse più pessimista rispetto ad Eros e civiltà, meno disponibile ad arrendersi a un ordine sociale che appare totalitario, che permea di sé ogni aspetto della vita dell’individuo e, soprattutto, che ha inglobato anche forze tradizionalmente “anti-sistema” come la classe operaia.
  • In questo modello la vita dell’individuo si riduce al bisogno atavico di produrre e consumare, senza possibilità di resistenza.
  • Marcuse denuncia il carattere fondamentalmente repressivo della società industriale avanzata che appiattisce in realtà l’uomo alla dimensione di consumatore, euforico e ottuso, la cui libertà è solo la possibilità di scegliere tra molti prodotti diversi.

 

Fuori nella società come avvengono queste istruzioni: con la Smartphone che ognuno di noi ha in tasca (è il formidabile “modello d’uso” dei moderni programmatori della Silicon Valley), passando per Google Maps che ci dice delle informazioni utilissime per es. sul traffico degli autobus (orari e fermate) fino alle infinite “informazioni” sui prodotti che dovremmo comperare per non “essere tagliati fuori”.

 

Che fare quindi: “si dice, contrattare gli algoritmi”. Bene! Però si pongono due problemi: 1° qual è l’esperienza di negoziazione dei nostri negoziatori? 2° qual è l’ipotesi di uomo che hanno in mente i nostri negoziatori?

 

Nel 1974/5 partecipai ad un seminario delle 150 ore a Psicologia del Lavoro a Torino. Docente era Ivar Oddone, il quale ci fece sperimentare la tecnica delle “Istruzioni al sosia” = dammi tutte quelle informazioni/istruzioni in modo tale che altri non si accorgano della sostituzione. Si tratta del recupero delle prestazioni di lavoro attraverso 4 rapporti: 1° il rapporto con la mansione, 2° il rapporto con la gerarchia, 3° il rapporto con i compagni di lavoro, 4° il rapporto con le organizzazioni professionale e di classe. Alla maniera con la quale si impara a guidare un’auto (quindi delle istruzioni analoghe a quelle che si hanno durante la scuola guida). Ovviamente il tutto preceduto da un racconto della storia personale e professionale di ogni singolo soggetto “indovato” (da “indovare” = in un dove, in un contesto, vedi Dante Alighieri).

 

Peccato che di tale esperienza non si è mai declinata in contrattazione sindacale. Attende ancora tale declinazione sia in una fabbrica che fuori nella società con le istituzioni. Speriamo in bene.